La narrativa della conoscenza. Simboli e metafore nei romanzi di Umberto Eco

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Pubblicato

2014-11-10

DOI:

https://doi.org/10.13138/2037-7037/1045

Autori

  • Franco Forchetti unimc

Abstract

L’articolo rielabora, in modo sintetico, alcuni temi sviluppati nel mio libro Il segno e la rosa. I segreti della narrativa di Umberto Eco (Castelvecchi 2005). La selva di metafore, topoi, simboli ed epifanie che abitano il cosmo narrativo di Umberto Eco costituisce un apparato retorico-stilistico che si propone come forma di scrittura capace di indagare ciò di cui la teoria non può parlare. Una poetica che si genera da un’interpretazione letteraria della nota frase di Wittgenstein sui limiti del linguaggio e dall’idea derridiana per il cui il senso può abitare soltanto nella scrittura che diviene, quindi, il luogo elettivo di un’avventura letteraria di tipo iniziatico. L’ineffabilità della teoria sceglie la praxis romanzesca come nuovo spazio epifanico. Il diverso uso che Eco fa dell’intertestualità, della rivisitazione di topiche letterarie e dell’elaborazione di simboli testimonia un percorso epistemologico e teologico che viene scandito dai 5 romanzi: il romanzo come ultima frontiera, limes che divide il territorio della saggistica da quello che Paolo Fabbri definisce l’idioma estetico. Si delinea, quindi, una poetica della conoscenza che costituisce il vero crocevia estetico di molteplici influssi teorici: il tema dell’angoscia dell’influenza letteraria, la visione della letteratura postmoderna come rivisitazione ironica del déjà vu, la perdita dell’innocenza della scrittura, l’idea calviniana della letteratura come luogo di molteplicità, la suggestione borgesiana che i libri dialoghino fra loro in una circolarità senza tempo.