“Il Congresso del Mondo”: i confini paradossali di Jorge L. Borges

Graciela Nibet Ricci

Abstract


Nel 1955 Borges aveva pianificato un romanzo che avrebbe avuto come titolo “El Congreso” e che sarebbe stato un compendio della sua opera:

«Deseo igualmente escribir una novela de la que ya ha nacido por lo menos el título: “El Congreso”. Sería una novela fantástica, no de fantasmas ni una fantasía científica, sino psicológica. Cuando ya tenia planeado ese libro encontré su primera página no escrita en la primera página de “Viaje de Oriente” de Herman Hesse, lo cual, por supuesto, no me hace desistir de mi proyecto. “El Congreso” – un congreso ideal – comenzaría como una novela y terminaría como un cuento de hadas. Sería un libro en el que estarían implicados todos los anteriores míos, un libro nuevo, pero que resumiría y sería además la conciliación de todo lo que hasta ahora he escrito».

Le parole di Borges fanno capire il tipo di narrazione ch’egli aveva in mente perché Viaggio in Oriente di Herman Hesse è un romanzo d’iniziazione che racconta il processo che porta il protagonista alla scoperta di una realtà differente dopo un’esperienza mistica di morte e rinascita psicologica. Il romanzo desiderato da Borges divenne in realtà un racconto lungo (“Il Congresso del Mondo” in italiano) e fu pubblicato quasi vent’anni dopo (1971) dalla casa editrice Archibrazo (Buenos Aires) e nel 1975 da Emecé (Buenos Aires) nella collezione di racconti El libro de arena (1975, it. Il libro di sabbia). Ma le parole di Borges furono profetiche e lasciano intravedere il senso fortemente simbolico di un discorso all’apparenza semplice, anche se, come ha ben detto Borges nel Prologo a El informe de Brodie: “No me atrevo a afirmar que son sencillos; no hay en la tierra una sola pàgina, una sola palabra, que lo sea, ya que todas postulan el universo, cuyo màs notorio atributo es la complejidad.”
Il racconto, che si svolge in modo lineare e presenta delle caratteristiche apparentemente politico-realiste, fu considerato da Borges come uno dei suoi testi più autobiografici, e la sua trama, che si può leggere in realtà come un racconto fantastico o metafinzione, vuole raccontare un’esperienza mistica condivisa che il protagonista avrebbe desiderato avere ma senza successo. Il testo raccoglie la testimonianza di Alejandro Ferri (alter ego di Borges), l’unico sopravvissuto al progetto globale di un congresso universale che avrebbe dovuto rappresentare il mondo. In realtà nasconde – a mio parere – sotto il confine geografico di un fiume che collega tre paesi del Sudamerica, un’esperienza mistica di confine effettivamente vissuta dall’autore (questa sarebbe l’ipotesi che la mia relazione intende sottolineare). Nel discorso s’intrecciano una pluralità di sottotesti dell’opera di Borges (una vera opus magnum borgesiana), come anche dei riferimenti a personaggi amici o conosciuti dall’autore, alcuni dei quali saranno messi in mostra in queste pagine.


Full Text

PDF


DOI: http://dx.doi.org/10.13138/2037-7037/1741

Refback

  • Non ci sono refbacks, per ora.


 Licenza Creative Commons 2010 Università di Macerata,  Dipartimento di Scienze politiche, della Comunicazione e delle Relazioni internazionali (SPOCRI) - via Don Minzoni 2, 62100 (Macerata - IT).