UNO SGUARDO NEL VISSUTO O IMMAGINATO. L’IPOTIPOSI NELLLA TRADUZIONE

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Pubblicato

2014-10-27

DOI:

https://doi.org/10.13138/2037-7037/982

Autori

  • Luciana Cabral Doneda unimc

Abstract

L’atto di tradurre come fenomeno di comunicazione interculturale e sociale dipende da diversi aspetti per completarsi, e avvolge una miriade di elementi che devono essere valutati affinché esso raggiunga il suo obiettivo finale: trasferire un’idea, un pensiero, da un sistema ad un altro. Tra gli agenti della traduzione troviamo la retorica, intesa come un linguaggio orientato all’azione che ha come compito essere un’arte della persuasione1. Questo saggio propone una riflessione sul problema di tradurre un tropo della retorica: l’ipotiposi, figura che presenta molte difficoltà per essere delimitata - e perciò crea ostacoli  molto specifici nella traduzione.
L’ipotiposi è un tipo di artificio verbale che stimola il lettore, non semplicemente a vedere qualcosa attraverso le parole, ma anche ad aver voglia di farlo. Negli ultimi anni Umberto Eco si è avvicinato ad un tentativo di delimitare questa figura retorica, prima in vista dell’atto di scrivere e poi di quello di tradurre. In una relazione tenuta da Eco presso la Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna su ‘Spazialità e testo letterario’, egli afferma che “tutte le definizioni dell’ipotiposi sono circolari”, come, per esempio, quella della tradizione retorica che stabilisce l’ipotiposi come una tecnica di rappresentazione verbale del visibile.