Stagioni del panico. Prime linee di ricerca

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Pubblicato

2019-09-27

DOI:

https://doi.org/10.13138/2704-7148/2217

Autori

  • Mario Piccinini

Abstract

L’intento di queste pagine è di selezionare all’interno della semantica della paura che contribuisce ad organizzare l’immagine moderna dell’ordine politico e giuridico l’elemento specifico del panico, nell’ipotesi che quest’ultimo costituisca una differenza che è anche una risorsa epistemica. Detto in modo un po’ scorciato: se la paura si presenta come riferimento costitutivo dell’or-dine, della sua costituzione come del suo mantenimento, il panico sembra invece caricato di un segno contrario; ci parla del dissolversi di un aggregato dato per presupposto ed è solidale nel perimetrarne i confini e le condizioni di possibilità. L’obiettivo è quello di ripercorrere alcuni momenti della storia del panico cercando di argomentare che il panico sia una passione politica, nel senso che è riferito a ciò di cui la politica è fatta, e allo stesso tempo sia l’espressione di un limite ‘passionale’ della politica, nel senso che ne definisce politicamente un limite interno. Rispetto a tale obiettivo questo contributo non rivendica più che i caratteri di un’imbastitura bisognosa di ulteriore sviluppo in riferimento non solo a ciò che non vi è incluso (ed è ovviamente molto), ma egualmente ai nodi che in forma consapevolmente provvisoria vi vengono indicati. Inoltre, si limita a una periodizzazione storica che è in qualche modo preliminare, arrestandosi alle soglie della fase in cui il panico è una parola di un discorso disciplinare, è parte dell’oggetto di un sapere codificato (la psicologia, la sociologia, la scienza politica), anche se non necessariamente vi svolge un ruolo pacificato.