Non uccidere, tra fede e potere

Adriano Prosperi

Abstract


L’ultimo giorno di un condannato a morte di Victor Hugo riscosse un successo straordinario ai suoi tempi, dovuto principalmente alla dura critica di Hugo a quello che era stato finora il modello tradizionale per confortare i condannati alla pena di morte. Tale modello, a sua volta, poggiava su una ordinata ripartizione dei ruoli tra, da un lato, il potere dello Stato di ricorrere liberamente alla pena capitale e, dall’altro, il potere della Chiesa di sfruttare i riti della giustizia in modo che la vittima pentita diventasse un’apologeta della vita eterna nell’aldilà. Ora la domanda è: cosa è cambiato da quando è stato scritto il libro?

Victor Hugo’s The Last Day of a Condemned Man enjoyed a striking success in its day, that was mainly due to Hugo’s harsh critique of what had been so far the traditional model for comforting those condemned to the death penalty. That model, in turn, lay on a tidy repartition of roles between, on the one hand, the power of the State to freely resort to the capital sentence and, on the other hand, the power of the Church to exploit the rituals of justice so that the repentant victim became an apologist of the eternal life in the afterworld. Now the question is: what has changed since the book was written?

Parole chiave / Keywords: Pena di morte, rituali di conforto, Victor Hugo, Chiesa cattolica, giustizia secolare / Death penalty, Comforting Rituals, Victor Hugo, Catholic Church, Secular Justice.

 


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DOI: http://dx.doi.org/10.13138/2704-7148/2988

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